Lo ammetto.
Sono un inguaribile romantico, e non di rado mi diverte sfumare il romanticismo di una vena ironica ma anche malinconica.
Voglio dire, il romanticismo è di per sé un po’ malinconico.
Forse è necessario.
Ma dicevo che sono romantico, e non a caso credo che la cosa migliore che abbia mai scritto sia stata una lettera d’amore, qualche anno fa.
Scrivere lettere d’amore è un po’ come andare a sbattere su un muro sapendo di farlo, senza nemmeno provare a mettere le mani avanti.
Nel senso che non sono previsti paracaduti, e lo sai o dovresti saperlo.
Insomma ci vuole coraggio.
Sono quelle cose che scrivi di getto e di notte e di cuore e non di testa, che a volte paiono pasticci imbarazzanti il mattino successivo.
Ma che qualche altra volta, chissà poi perché, diventano un modo unico di comunicare e di esprimere pensieri e di dire di te e di raccontare cose e di parlare agli altri in forma scritta, un modo che è veramente il tuo e solo il tuo.
Quello che magari cerchi da una vita.
E per quanto certe lettere siano belle e vivano di vita propria anche senza il motivo per cui sono state scritte, sono sempre e comunque di qualcuno e per qualcuno.
Non si possono usare due volte o almeno non si dovrebbe.
Non quelle vere e uniche.
Sarebbe come guardare un film e voler rubare una battuta di Alain Delon per riciclarla.
Confesso che qualche volta c’ho provato, ma funziona solo nel film.