Notturno duemila ha una storia più complessa di quanto la brevità dell’opera finita lasci immaginare.
La musica nasce effettivamente di notte. Mi svegliai, una notte di alcuni mesi fa, con in testa questa melodia un po’ cupa, incalzante negli accenti, malinconica, frammento di un sogno interrotto nel suo scorrere.
Mi riportava, il sogno, a certe notti dei primi anni duemila, a quel breve vagare solitario dopo una chiassosa cena in qualche appartamento universitario, ai colori vagamente fiabeschi e al silenzio surreale delle strade vuote nelle notti disabitate d’inizio settimana.
Nel corto, disegni onirici prendono vita e una figura immaginaria si muove dentro scorci cittadini, dove occasionali dettagli violano quel deserto surreale ricordandoci che, ben lontani da un notturno ottocentesco di chopiniana memoria, siamo inevitabilmente negli anni duemila.
Ma poi, naturalmente, ognuno è libero di vederci ciò che crede.